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Principio di cassa e pagamento con assegni, bonifici e carte di credito.


La corretta applicazione del principio di cassa per i professionisti nei casi di pagamenti con assegni, bonifici, Rid bancari e carte di credito può dar luogo a delle difficoltà interpretative.


Come sappiamo tutti i professionisti dichiarano i propri redditi seguendo il "principio di cassa". Si tratta di un principio regolato dall'articolo 54 del Tuir. Fatte salve alcune eccezioni, il principio di cassa consiste nel semplice enunciato per cui il reddito è ottenuto dalla differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute nel corso del periodo di imposta di riferimento.
Questo come principio generale. Tuttavia, i moderni sistemi di pagamento  come la carta di credito, i bonifici e anche gli stessi assegni bancari o circolari possono generare delle situazioni di dubbia interpretazione sopratutto quando tali pagamenti vengono fatti a cavallo tra due periodi di imposta diversi.
Occorre, allora, prendere in esame singolarmente le diverse forme possibili di pagamento dei compensi per capire bene come, per ognuna di esse, si debbe applicare correttamente il principio di cassa.

Nei pagamenti con denaro contante il problema non si pone poichè si tratta del caso più semplice di tutti. Qualora il pagamento avvenga con denaro contante i compensi si considerano incassati nel momento stesso in cui le somme entrano nella disponibilità del professionista. Come sappiamo i due momenti, il pagamento del cliente e l'incasso del professionista, in tal caso coincidono.


PAGAMENTO DELLE PRESTAZIONI PROFESSIONALI CON ASSEGNI BANCARI 

Pagamento della prestazione con assegni bancari
Nel caso di pagamento con assegni bancari le cose possono complicarsi un pò. Dal momento in cui il professionista riceve materialmente l'assegno al momento in cui si reca presso la sua banca a versarlo possono passare anche dei giorni. Cosa succede se riceve l'assegno gli ultimi giorni di dicembre e lo versa nel proprio conto corrente i primi di gennaio dell'anno successivo? A quale anno vanno imputati i compensi?
L'amministrazione finanziaria ha risposto a questo quesito con la Risoluzione n. 138 E del 29 Maggio 2009, affermando che il professionista deve considerare incassati i compensi nel momento in cui riceve materialmente l'assegno e non nel momento in cui l'assegno viene versato nel proprio conto corrente. 
Facciamo un esempio: se Tizio riceve un assegno da Caio come pagamento per una prestazione professionale nell'anno di imposta X e Tizio si reca in banca per versarlo nell'anno X+1, il compenso andrà dichiarato nell'anno X
In sostanza, è del tutto irrilevante il momento di effettivo versamento dell'assegno nel proprio conto corrente poichè l'assegno, come mezzo di pagamento, equivale alla moneta corrente.


PAGAMENTO DELLE PRESTAZIONI PROFESSIONALI CON ASSEGNO CIRCOLARE

Anche per gli assegni circolari, come per gli assegni bancari, è intervenuta l'amministrazione finanziaria. Con la precedente Risoluzione n. 138 E del 2009 si afferma che l'assegno circolare e l'assegno bancario sono equiparati sotto questo profilo. Per cui, se si riceve un pagamento con assegni circolari, i relativi compensi professionali si considerano incassati nel momento esatto in cui l'assegno entra nella disponibilità del professionista.

Attenzione: Nel caso in cui vi sia un insoluto, non vi sarà nessun incasso. Ovvero, poichè ai fini fiscali si richiede, come è logico, il buon fine dell'assegno bancario, un'eventuale insoluto all'atto del versamento produce effetti retroattivi: l'incasso si considera come se non fosse mai avvenuto.
Per cui, mentre per l'assegno circolare il problema del rischio dell'insoluto non esiste, per l'assegno bancario, nel caso vi fosse questa eventualità, il professionista non è obbligato a dichiarare il ricavo poichè non vi è mai stato alcun incasso anche se ha ricevuto materialmente l'assegno.


PAGAMENTO DELLA PARCELLA MEDIANTE BONIFICO BANCARIO O POSTALE

Pagamenti con bonifico
Può accadere che un cliente paghi il professionista attraverso dei bonifici accreditando le somme sul conto corrente bancario di quest'ultimo. In questo caso, tuttavia, abbiamo due date differenti da prendere in considerazione: la data dell'operazione e la data di valuta (entrambe reperibili dall'estratto conto bancario).

La data dell'operazione è il giorno in cui una operazione è stata contabilizzata, sia essa una operazione di addebito o di accredito. A partire da quella data, in sostanza, se si tratta di un accredito la somma è effettivamente disponibile mentre se si tratta di un addebito la somma non lo è più.

La data di valuta, al contrario, riguarda esclusivamente il calcolo degli interessi attivi. Se si tratta di un accredito, i soldi produrranno degli interessi attivi mentre se si tratta di un addebito gli stessi soldi smetteranno di produrre interessi. Il giorno di valuta è esattamente il giorno in cui gli importi accreditati iniziano a produrre interessi mentre gli importi addebitati smettono di farlo. Di solito questa data di valuta, anch'essa reperibile nell'estratto conto, è successiva alla data di incasso per gli accrediti mentre è precedente per gli addebiti.

Ai fini fiscali, tuttavia, interessa solo la data dell'operazione.
Poichè abbiamo assunto come principio generale che la data di riferimento è quella in cui una somma di danaro diventa effettivamente disponibile, e poichè è proprio a partire dalla data dell'operazione che un eventuale accredito entra nella disponibilità di chi lo riceve, sarà la data dell'operazione e non la data di valuta quella che occorre prendere in considerazione per la corretta imputazione dei ricavi. 

In sostanza, la data di valuta interessa solo il rapporto tra correntista e istituto di credito poichè riguarda il conteggio degli interessi maturandi.
La stessa agenzia delle entrate ha chiarito questo aspetto nella Circolare n. 38 E del 23 Giugno 2010.


PAGAMENTO MEDIANTE ORDINE DI ADDEBITO (MODELLO RID)

Pagamenti con Rid bancario
Nel caso di un pagamento mediante ordine di addebito (Modelo Rid) valgono gli stessi principi appena visti con il bonifico bancario. Anche nell'ordine di pagamento con modello rid assumerà rilievo la data in cui la somma è materialmente disponibile per chi la riceve, ovvero la data dell'operazione.

Facciamo un esempio: se andiamo a leggere l'estratto conto e dovesse capitarci di vedere che una singola operazione di accredito di un nostro cliente ha come data dell'operazione il 30 dicembre dell'anno X ma come data di valuta il 3 gennaio dell'anno X+1, (come abbiamo detto le operazioni di valuta per gli accrediti sono sempre successive) occorre contabilizzare i compensi nell'anno X.

Al contrario, se sosteniamo un costo e paghiamo con bonifico e, dall'estratto conto dovesse esserci una data di valuta (sempre precedente nel caso di addebbiti) al 30 dicembre dell'anno X e una data dell'operazione al 1 gennaio dell'anno X+1, in tal caso il costo dovrà essere correttamente imputato all'anno X+1.


PAGAMENTO DELLE PARCELLE PROFESSIONALI MEDIANTE CARTA DI CREDITO

Questo del pagamento con carta di credito è un altro caso del tutto particolare in relazione alla corretta data di imputazione dei compensi professionali. Vediamo perchè. Quando incassiamo una parcella con carta di credito dobbiamo considerare avvenuto l'incasso quando la carta di credito viene materialmente utilizzata. Ovvero, anche prima dell'avvenuto accredito sul proprio conto corrente bancario perchè il professionista, in questo caso, non è più creditore verso il cliente titolare della carta ma lo è verso la società finanziaria presso la quale il proprio cliente ha acquistato i servizi della carta stessa.
Pagamenti con carta di credito

Facciamo un esempio: se riceviamo un pagamento con carta di credito il 30 dicembre dell'anno X ma l'accredito avviene il 3 gennaio dell'anno X+1, i compensi andranno correttamente imputati all'anno X, e questo anche se, di fatto, non avevamo, a tale data, alcuna disponibilità di denaro in conto.

Al contrario, qualora fosse il professionista a usare la carta di credito per sostenere un costo, e il pagamento dovesse avvenire a dicembre dell'anno X mentre l'addebbito sul proprio conto dovesse avvenire a gennaio dell'anno X+1 occorre considerare tale costo deducibile nell'anno X, ovvero quello in cui si è usata materialmente la carta.


QUESTO POST E' STATO SCRITTO DA:
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FRANCESCO PINNA, PROFESSORE DI ECONOMIA E DIRITTO, TRIBUTARISTA E BLOGGER PROFESSIONISTA, CHE HA SCRITTO PIU' DI DUEMILA ARTICOLI SU ARGOMENTI QUALI FISCO, DIRITTO TRIBUTARIO, ECONOMIA . 

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2 commenti:

  1. Gentile Professore, di seguito le rappresento il tema si cui gradirei un urgente riscontro.

    Tizio - persona fisica - vende un immobile a Caio e viene pagato, per una parte, attraverso il ricavato di un mutuo richiesto da Caio e per un’altra parte attraverso somme portate da assegni di conto corrente bancario di Caio.

    La compravendita nella Sua interezza genera plusvalenza. Tale plusvalenza è generata dalle sole somme portate da alcuni degli assegni consegnati a Tizio al momento della compravendita.

    Se Tizio non incassa gli anzidetti assegni perché non coperti da provvista è tenuto comunque nella denuncia dei redditi a dichiarare l’anzidetta plusvalenza ??

    Se si, Tizio deve dichiarare la plusvalenza anche se ha restituito a Caio materialmente gli assegni poco dopo la compravendita perché insoluti? comunque assegni restituiti entro lo stesso anno in cui è avvenuta la vendita?
    Naturalmente Tizio non ha percepito somme in altro modo e tempi.



    Ho verificato alcune considerazioni che di seguito rappresento. Vi chiedo i supporti normativi ed il supporto giuridico di riferimento .

    " Ai fini della determinazione del reddito del professionista debba essere verificato il salvo buon fine dell'assegno. Nel caso in cui Vi sia un insoluto, non vi sarà alcun incasso. Ovvero poiché ai fini fiscali si richiede, come è logico, il buon fine dell'assegno bancario, un eventuale insoluto all'atto del versamento produce effetti retroattivi: l'incasso si considera come non fosse mai avvenuto. "

    in attesa di ricevere urgente riscontro alla presente invio cordiali saluti

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    1. La tesi da lei citata è la stessa riportata dall'articolo. Tuttavia non troverà nessuna circolare o risoluzione che le confermerà questo aspetto. L'unico semplice riferimento normativo a questa tesi ci viene dal testo unico delle imposte sui redditi, all'art. 54, che regola "La determinazione del reddito di lavoro autonomo".
      Lo stesso articolo recita: "Il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e' costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura "percepiti" nel periodo di imposta.... ecc ecc"
      Si parla di redditi "percepiti", quindi incassati.
      Nel caso di insoluto, debitamente documentato, è chiaro il danaro non è stato percepito. Dunque non si avrà nessun reddito da dichiarare.
      Conservi tutta la documentazione relativa all'assegno insoluto e non dichiari le somme "non percepite".

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